Arte sacra e ideologie nell’ era global. Art.di A.R.Delucca, 09/08/2020
Un fenomeno alquanto ignorato o distrattamente commentato dai media, in questo momento, è quello che si sta verificando, con frequenza sempre più ravvicinata, degli incendi in luoghi sacri alla cristianità, della profanazione di cimiteri e della distruzione d’ immagini sacre, quanto la decapitazione di statue che raffigurano Gesù.
L’ultimo scempio, tra quelli più eclatanti, dopo il rogo dello scorso anno a Notre Dame, si è verificato il 18 luglio 2020, ai danni della storica cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Nantes.
Sembra, però, che ci stiamo abituando a tanto disastro contro le bellezze artistiche del nostro patrimonio culturale europeo, visto e considerato che, questa volta, neppure i media e la stampa si sono dati troppo da fare per evidenziare la gravità dell’accaduto o per lo meno, non c’è stato quel tam tam che ci saremmo potuti aspettare: d’altronde, l’arte e la cultura, che dovrebbero essere il volàno per far ripartire l’economia europea, in realtà, forse, non convincono ancora del tutto certe politiche di sviluppo le quali, probabilmente non riescono a comprendere a fondo, in che modo, concretamente, si possa incrementare l’economia attraverso questo settore.
Lo vediamo ogni giorno, anche in Italia, da sempre terra di artisti e creativi, eppure nonostante lo smisurato patrimonio artistico che ci sovrasta ( tanto da non riuscire neppure a tutelarlo pienamente) con l’arte non si riesce ancora a vivere, ad eccezione di qualche sporadico caso, il quale, dunque, non fa altro che confermare tale regola.
Una stranezza, quantomeno, se pensiamo che certi settori finanziari, estraggono fiumi di denaro quasi dal nulla- miracolosamente, potremmo osare dire – un po’come estrarre il sangue dalle rape, insomma!
Un’ipotesi, neppure tanto remota, sulla causa di un così scarso valore al patrimonio culturale potrebbe essere il fatto che per creare ricchezza e sviluppo da questa ‘manna congelata ’ occorre affidarne la gestione a chi ne ha la dovuta competenza.
Purtoppo ciò non si verifica molto spesso, soprattutto in Italia, dove la gente che si laurea in materie umanistiche, finisce – nel novanta per cento dei casi – a fare il lavapiatti in qualche pub o locale notturno (mestiere, per altro, degno di tutti gli onori ma che si potrebbe svolgere benissimo, anche senza perdere anni e anni tra libri e scartoffie per prepararsi degnamente ad occuparsi di cultura) quando invece,nel medesimo istante, per gestire la biblioteca comunale, casomai, si decide di ingaggiare il bidello dell’ ex asilo d’infanzia perché al pover’ uomo bisognerà pure trovare un altro impiego dopo che l’ asilo è stato chiuso per mancanza di fondi o per un calo delle nascite!!!
A prescindere dal livello di valorizzazione che la società contemporanea attribuisce al patrimonio artistico, questa ondata di attacchi violenti contro le immagini sacre o i monumenti architettonici, che si stanno verificando in questi ultimi anni, non è da sottovalutare.
La cattedrale di Nantes ne è una testimonianza visibile agli occhi di chiunque, non solo a quelli della cristianità che subisce una perdita ancora più grave, poiché vede sgretolarsi quei simboli religiosi e morali che caratterizzano la propria identità culturale, ma anche il resto della società, quella che vive la propria quotidianità tra quei monumenti storico/artistici che sono stati visti, ammirati, studiati dai loro avi e proprio per questo, costituiscono importanti pezzi della loro stessa identità.
Se non conosciamo le nostre origini, come possiamo pianificare il futuro?
Noi siamo la storia, siamo il frutto dell’operato dei nostri predecessori.
Nel bene e nel male, certo, ma se ci verrà meno questa consapevolezza, perderemo la nostra identità.
Distruggere i beni artistici significa perdere molto per l’identità dei popoli e sebbene oggi l’idea di globalizzazione, a volte, si scontri, paradossalmente, con l’idea di conservazione della propria identità culturale, l’arte stessa, sì, proprio l’arte, ci insegna che dovremmo cominciare ad vedere le cose sotto una luce nuova, diversa da quella, fioca, che ci sta annebbiando la vista in questi anni di scontri e divisioni ideologiche.
L’arte è un mezzo di espressione creativa che dovrebbe unire, non dividere, perché attraverso l’arte l’essere umano può esprimere un pensiero, un’idea ma anche raccontare un fatto, narrare una storia, anche sotto un punto di vista diverso ed autonomo.
L’arte è – e deve essere – libertà espressiva dell’umanità.
Perciò ‘globalizzare’ non può voler dire uniformare, rendere tutto standard ma, al contrario, deve significare rispetto e dialogo tra le diverse culture per mettere al servizio della comunità globale ciò che ciascun popolo, con la propria identità, può offrire di positivo, senza prevaricazioni o dominio di uno sull’altro.
Per ora tutto questo ci sembra ancora molto lontano.
Anna Rita Delucca
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Articolo pubblicato anche su Ingresso-libero.com, Rivista amatoriale di arte,fotografia e lettere, n.53, mese di novembre 2020
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