‘L’acquerello nel Rinascimento‘ . Articolo di A.R.D. pubblicato su Ingresso Libero, n.45,luglio 2019, pag.12.
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Il fascino della pittura ad acqua, con la sua delicata brillantezza ed evanescenza, consiste proprio
nel suo leggero e quasi impalpabile effetto scenico.
Se n’erano accorti anche gli antichi ed infatti, seppure il termine “acquerello” sia comparso solo nel XVIII secolo d.C., la trasparenza e gli effetti luminosi che si potevano ottenere con la pittura ad acqua, vennero raffigurati sin dai tempi più remoti (pensiamo alla pittura d’affresco che già si realizzava in epoca romana).
Certo è che, per l’artista, si tratta di una vera e propria sfida nella quale occorre abilità ad
adottare decisioni rapide ed efficaci per l’estrema fluidità che caratterizza il pigmento stesso.
In antichità per realizzare i colori ad acqua si usavano pigmenti (spesso ricavati da minerali) finemente macinati, mescolati con un legante e diluiti in acqua; oggi si trovano già pronti, dunque risulta tutto più semplificato.
Nel corso della storia, il vero e proprio acquerello venne praticato in un epoca relativamente recente: di fatto, consiste nell’uso di colori diluiti con acqua e distesi in velature fluidissime, anche ripetute, usando come bianco, quello stesso della carta che, perciò, non va confuso con i procedimenti tipici della gouache che, invece, è più coprente e corposa.
Poiché la caratteristica di un buon acquerello è data tanto dall’estrema “leggerezza” della raffigurazione scenica, quanto dalla sua immediatezza espressiva, dal Rinascimento in poi, divenne strumento essenziale per gli studi preparatòri delle opere principali o per quelle di grandi dimensioni: un esempio d’eccellenza è dato da Leonardo Da Vinci che eseguì innumerevoli disegni e bozzetti, non solo per le sue opere di ampio formato ma anche per straordinari studi e progetti d’ingegneria o, ancora, per quelli naturalistici che realizzò durante l’arco della vita; infatti in quest’ epoca l’acquerello veniva utilizzato anche a tale scopo.
Gli agrimensori, per misurare le aree dei terreni da coltivare, eseguivano disegni con chine che, poi, acquerellavano con vari colori per distinguere, tra loro, gli appezzamenti e le proprietà; ne nacquero, così, bellissime mappe cartografiche (cabrei) che oggi si conservano nei musei come vere e proprie opere d’arte.
Ad ogni modo, nel Rinascimento, quando la scienza cominciò ad assumere una certa importanza effettiva, molti furono gli artisti che eseguirono acquerelli, dal vivo, per lo studio diretto del paesaggio e della natura: uno tra i più noti è Albrecht Durer il quale visse tra la fine del Quattrocento e il 1528, anno della morte; durante i suoi viaggi, realizzava bellissimi paesaggi, raffigurava piante e animali e li dipingeva proprio con la tecnica dell’acquerello che, per le sue peculiari caratteristiche, gli permetteva, anche, di dipingere all’aperto. In tal modo l’artista tedesco, poté sperimentare a fondo le potenzialità della pittura ad acqua, come sistema esecutivo autonomo, anticipando, perciò, di ben due secoli, molti altri artisti perché, solo in seguito, l’acquerello cominciò ad essere considerato una tecnica espressiva a se stante e ciò non avvenne prima del ‘700.
A.R.D.