Però quella mela! La natura secondo Giorgio Morandi.Articolo pubblicato su Le buone notizie, rivista mensile di cultura, attualità e costume, diretta da Giorgio Albèri, Anno XVI°,n.4 aprile 2019, Bologna.
“Alla mostra dei Carracci a Bologna egli restò muto di fronte alla sfilata di quei grandi quadri, insensibile alla floridezza, alla vita sentimentale che li animava….Ruppe infine, l’ostinato, eloquente silenzio, per dirmi “…Però quella mela!..” Il frutto, isolato e còlto dal suo occhio che sapeva vedere, mi apparve allora vivo, in tutta la sua freschezza e corposità, nel suo schietto, affettuoso naturalismo”.
Così scriveva il celebre mecenate Luigi Magnani Rocca ne ‘Il mio Morandi’ ricordando l’amico/pittore Giorgio e la sua diffidenza verso tutto ciò che gli pareva grandioso, decorativo e retorico.
L’amore per la semplicità delle piccole cose e per la loro essenza, muove tutta la dinamica creativa di Morandi, sia quando rappresenta la natura, nei paesaggi delle colline bolognesi, sia quando ritrae frutti, fiori, ciotole o bottiglie. In realtà, la frutta non costituisce un soggetto così consueto nel suo repertorio: le opere in cui compaiono fruttiere o stoviglie contenenti pere, susine, cotogne e pomi – tipici del territorio bolognese ed appenninico in cui l’artista trascorreva le proprie estati- non sono molto numerose, sia rispetto alle serie di bottiglie e barattoli , sia rispetto al corpus di paesaggi di quei medesimi territori che egli dipinse durante tutto l’arco della vita. Si può affermare, senza dubbio, che le sue composizioni di frutta risalgano soprattutto al periodo giovanile e si protraggano, all’incirca, fino alla fine degli anni Venti del XX° secolo.
Uno dei primi quadri ad olio in cui compaiono pomi lo dipinse nel 1919 :sebbene intriso di estetica metafisica, rimane un’evidente ammirazione per lo stile di Cèzanne che influenzò l’artista bolognese nei primi anni del suo esordio, dopo gli studi accademici.
Giorgio Morandi, sin dall’età di 23 anni trascorse le sue estati sui monti di Grizzana, un territorio che amò intimamente e dove ebbe il privilegio di attingere a tutti quegli elementi del paesaggio che potessero soddisfare la propria natura incline alla contemplazione.
Nel secolo scorso il panorama di Grizzana Morandi -oggi circondato dai due grandi Parchi Naturali Provinciale e Regionale di Montovolo e Montesole- era caratterizzato da coltivazioni di esemplari che l’artista potè conoscere e ritrarre in molti dipinti di natura morta o di paesaggio ma che oggi, nel nuovo millennio, sono quasi scomparsi. I filari di piante che l’artista osservava con il binocolo, per cogliere in natura quegli stessi schemi segreti o corrispondenze che stavano dietro alla composizione dei suoi quadri, non esistono più come non si estendono più i grandi campi di cereali o le coltivazioni di frutta autoctona, le cui origini si perdono nella notte dei tempi: la mela Rosa Romana, ad esempio, una varietà dalle piccole dimensioni tondeggianti e colore roseo/rossastro, caratterizzata da un gusto succoso e dissetante o ancora, particolari qualità di pere che ai nostri giorni sono, oramai, in via d’estinzione. La storia dell’arte ci racconta una ricca e straordinaria tradizione nella rappresentazione dei prodotti della natura immortalati, sin dalle epoche più remote, dai maestri della pittura Per un certo lasso di tempo, a partire dal Cinque/Seicento, il soggetto di natura morta è considerato un genere ‘minore’, destinato a due tipi di committenza: la chiesa da un lato, che utilizza la natura soprattutto per raffigurare valori simbolico/religiosi e dall’altro, la ricca borghesia che, in un’epoca in cui i costi proibitivi dei manufatti pittorici cominciano a venir meno, inizia a circondarsi di soggetti artistici che in qualche modo, rappresentino sé stessa e il suo modus vivendi. Il modello simbolico, nella rappresentazione della natura, permane dunque, nella committenza a carattere religioso ed un esempio tipico è costituito dalle bellissime Madonne con la mela, simbolo del mistero della conoscenza del bene e del male, che dal medioevo in avanti, furono rappresentate in Italia.
Per quanto riguarda la mela Rosa Romana, tipica della collina appenninica, se ne rileva un’antica raffigurazione pittorica di Bartolomeo Bimbi – attivo alla corte medicea sotto Cosimo III- risalente al 1696, in cui la Rosa Romana è immortalata accanto a numerose varietà di pomi fino ad allora conosciute: infatti il Bimbi lavorò a fianco del botanico di corte, Antonio Micheli, all’illustrazione delle specie di piante. In epoca moderna si è data libera interpretazione alla raffigurazione della natura, togliendo l’ esclusiva alla simbologia e ai significati allegorici ma gli artisti hanno continuato a dipingerne la bellezza, codificandola e decodificandola secondo i propri, personali, cànoni espressivi . Giorgio Morandi nel suo intimo studio della natura , ha contribuito efficacemente, a custodire e ad evidenziare il valore della semplicità. Il suo contributo lo ha concretizzato nella personalissima poetica pittorica, attraverso nature morte e paesaggi, in particolare quelli che visualizzano l’Appennino come luogo dell’anima e dell’introspezione: un segno inequivocabile che l’uomo è strettamente legato al territorio e alle tradizioni, quelle che dalla fatica della terra, si sono tramandate nel corso secoli, arricchendo ed impreziosendo il nostro patrimonio culturale. Non possiamo permetterci di cancellare la memoria, poiché la memoria siamo noi e memoria saranno le future generazioni; solo così si può considerare il vero progresso e la civiltà .
Anna Rita Delucca(Copyright)